Il lavoro in alta montagna
Storia della mappa Dufour
Quanto potessero rivelarsi avventurose le misurazioni degli angoli nei territori ostili emerge chiaramente dalla relazione dell’ingegnere Johannes Eschmann (1808 – 1852), relativa al suo lavoro sul Piz Beverin a fine giugno del 1835. La triangolazione della Svizzera fu per lui tutt’altro che un’astratta faccenda matematica:
«Subito dopo l’arrivo ad Andeer (il 23 giugno) misi insieme la mia carovana e scalai metà del Piz Beverin. La mattina successiva, dopo aver percorso inizialmente dei terreni scoscesi, giungemmo a una ripida parete rocciosa. Il primo problema si presentò immediatamente: un profondo imbuto, sulle cui pareti interne si sarebbe dovuto procedere orizzontalmente su degli appigli a mala pena visibili. Un solo passo falso si sarebbe rivelato fatale. Dopo che cinque uomini erano riusciti a passare, il sesto si ferma, si congeda dalla spedizione e fa dietrofront. Non volendo nemmeno io affrontare il rischio, suggerisco di percorre una via diversa, a mio parere più agevole. Dopo molti sforzi, raggiungo un’altura e vedo vicino a me il segnale. Lo raggiungo e cerco un punto nel quale piantare la mia tenda. Dopo un’ora e mezza passata su quest’altura non ho ancora visto nessuno dei miei portatori. Chiamo a perdifiato, senza ricevere risposta. Infine, una voce da molto più in alto mi dice che sono su un sentiero sbagliato. Rispondo: Non sono su un sentiero, ma accanto al segnale: accorrete, idioti! Dopo qualche parole incomprensibili, non odo più nulla.
Dopo un’ora compare la guida alpina e mi spiega che non mi trovo sul Piz Beverin, che questo segnale deve essere stato messo da un pastore e di seguirlo. Saliamo e saliamo. Infine giungiamo sulla cima. Sono le quattro del pomeriggio. Piantiamo la tenda e congediamo i portatori, che ci lasciano soli con sei dozzine di uova.
Nebbia la sera, neve la notte, nebbia i due giorni seguenti. Il terzo giorno, infine, è possibile iniziare le osservazioni. A mezzogiorno, al momento di scendere, scivolo su di un cumulo di neve lungo e ripido, non riesco più a fermarmi e penso “è arrivata la mia ora”, quando improvvisamente la prontezza di spirito mi fa voltare con il viso verso la montagna e iniziare a dare colpi di piede nella neve con le scarpe. Ecco come mi sono salvato.
La stessa sera raggiungo Andeer. In paese incontro tutti al ballo. Partecipo alla festa. Non sono mai stato più felice di allora, dopo questi immani sforzi.»
[Traduzione libera tratta da: Rudolf Wolf: Geschichte der Vermessungen in der Schweiz. Zurigo, 1879. 253-254]